15 novembre, piove a dirotto. Sono in macchina, sto rientrando da una giornata in azienda dove ho tenuto il secondo incontro di formazione The Difference di Kaloi.
Ripercorro le ore appena trascorse, i volti, gli scambi con i partecipanti, i momenti di riflessione, di leggerezza e sono soddisfatta: il corso sta muovendo energie promettenti. Sono immersa in questi pensieri quando squilla il cellulare.
E’ Giacomo, il giovane imprenditore che ho salutato da poco. Penso voglia fare il punto sul gruppo invece mi sorprende con una frase diretta, espressa con urgenza: “Lucilla, ho un problema in azienda: ti occupi anche di gestione dei conflitti, corretto?”
Collaboro con le aziende come mediatrice interculturale e business coach per chi vuole inserirsi nei mercati internazionali. Entrambe le professioni condividono un obiettivo iniziale, prerequisito per ogni intervento successivo: sensibilizzare l’imprenditore alla necessità e utilità di investire energie e risorse sulla buona salute aziendale. La qualità delle relazioni umane è fattore-chiave di buona salute. Non è solo una scelta etica. Un team affiatato, con regole chiare, orgoglioso di tendere ad una finalità condivisa è (anche) utile all’azienda: i collaboratori producono di più, meglio, riducono assenteismo e giorni di malattia. Come a dire: ad ogni imprenditore il suo perché.
L’azienda è un sistema complesso, sono numerosi gli intrecci relazionali in cui possono emergere conflitti fisiologici tra le parti sociali (direzione, sindacati, dipendenti), all’interno dei gruppi di lavoro, tra titolari e rappresentanti, tra azienda e clienti. Il conflitto è sempre latente. Fa parte del mio ruolo offrire supporto, strumenti di lettura e di gestione di questa componente inevitabile ed energizzante delle relazioni umane. Un conflitto che trova spazio e canali di elaborazione (con la presenza di un mediatore, se necessario) può rappresentare un volano per relazioni umane più solide, chiarificate, cooperative.
Incontro Giacomo qualche giorno dopo la telefonata. Ha rilevato l’azienda del padre da un anno e investe con entusiasmo sincero nelle risorse umane.
Racconta con orgoglio dell’attività d’impresa, del business che va a gonfie e vele.
Riferisce con rammarico la situazione che gli dà il tormento: scontri continui, anche atomici, tra due collaboratrici che definisce “le più preziose per me”. Raccolgo molte informazioni e mi prendo il tempo per elaborare una proposta di intervento.
Dopo due settimane chiedo un appuntamento con l’imprenditore e le due dipendenti: Sara, giovane neo laureata assunta da poco e Ludovica, storica presenza in azienda. La mia proposta è accolta con disponibilità e sollievo, soprattutto per il desiderio condiviso di risolvere una situazione molto pesante, per tutti.
Ho accompagnato le due donne in un percorso di coaching in 5 fasi.
1) Primo incontro individuale: Sara e Ludovica hanno uno spazio riservato per dire di sé, per esplorare i propri vissuti.
2) Secondo incontro individuale: Sara e Ludovica hanno uno spazio protetto in cui essere accompagnate fuori dalla loro zona di comfort. Hanno esplorato il riflesso della collega su sé.
3) Incontri condivisi e mediati: Sara e Ludovica cominciano a comunicare, con la mia facilitazione come coach-mediatore. Tre incontri sono stati sufficienti per passare all’ultima fase.
4) Incontri condivisi evolutivi: Sara e Ludovica parlano per capirsi. Scoprono nuove possibilità, le loro. Non è necessario diventare buone amiche per essere due colleghe che collaborano con rispetto e stima per le qualità che riconoscono all’altra. Due incontri di grande crescita, il mio compito è (quasi) terminato.
5) Follow up: ci diamo un appuntamento a distanza di un mese per vedere come vanno le cose.
Dal diario di bordo di Sara e Ludovica:
“Inizialmente ho gestito il disagio evitando di addentrarmi nel problema. Pensavo di avere il problema di essere antipatica ad un’altra persona. Grazie alla mediazione sono riuscita a separare questo aspetto di natura personale dall’aspetto di natura professionale e questo mi ha aiutato”
“Senza ombra di dubbio avere parlato ed esplicitato le rispettive opinioni ha aiutato. Siamo due caratteri forti che faticano a nascondere emozioni o sensazioni. L’equilibrio tra noi è quello di parlare, discutere e avere la volontà di capire l’altra. Siamo diverse.”
“Mi sento collega, con ancora molta strada da fare. Desidererei che la collegialità si estendesse ed è per questo che desidererei proseguire parlando in laboratorio di ogni situazione di disagio”
“È un percorso che richiede impegno e io voglio impegnarmi per creare un ambiente sereno, per essere una squadra, perché come squadra funzioniamo bene”.
Il corso di formazione The Difference ha creato un movimento, una nuova consapevolezza. Questo ha fatto maturare la volontà di affrontare una situazione di conflitto che si trascinava da tempo. Così ho passato quattro mesi in azienda e i miei rapporti umani hanno intrecciato nuovi, preziosi fili. Ho dato, mi sono arricchita.
A conclusione della collaborazione, Giacomo mi ha invitata ad un aperitivo aziendale, presentandomi nuovi collaboratori. Percepisco un clima sereno, si ride si scherza, ci si rispetta, si impara e si realizzano risultati.
Bevo un aperol spritz con loro, felice di aver contribuito a questo storico momento di cambiamento.
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