Cos’è il Coaching Organizzativo

Cosa lo differenzia dalle altre tipologie di Coaching

Come interviene nelle Organizzazioni

Quali sono i presupposti per una buona riuscita degli interventi

Quali sono le competenze richieste ai Coach

Nell’ambito della Ricerca AICP, a Gennaio 2021, abbiamo costituito il “Tavolo di Studio Coaching Organizzativo” con l’obiettivo di approfondire l’argomento e, se fosse stato possibile, anche di sperimentarlo.

A Novembre 2022, nella giornata della “Ricerca AICP”, abbiamo presentato una sintesi del lavoro svolto e dei risultati raggiunti. Da qui è nata la possibilità di sperimentare, all’interno dell’Organizzazione AICP, quanto appreso coinvolgendo in maniera mirata il Consiglio Direttivo. Dopo una prima sperimentazione il lavoro potrebbe avere un seguito, allargandosi al nuovo e attuale Consiglio Direttivo e alle altre funzioni dell’organizzazione AICP (es. Coaching Club).

Il Tavolo di ricerca è formato da nove soci, provenienti da diversi Coaching Club, tutti con un forte interesse per il Coaching applicato all’ambito Organizzativo. I componenti il Tavolo di Studio: Diego Dal Ben, Alessandra Di Luca, Angela Di Rienzo, Argyrios Dourvas, Cristiana Di Pietro, Francesco Calcara, Giuliana Lazzarotto, Lorella Gatti, Stefania Silla.

In questo articolo descriviamo cos’è il Coaching Organizzativo, cosa lo differenzia dalle altre tipologie di Coaching, come interviene nelle Organizzazioni, quali sono i presupposti per una buona riuscita degli interventi e le competenze richieste ai Coach.

Se il Business Coaching e Team Coaching sono ormai pratiche ben conosciute nelle aziende italiane, molto meno noto è il Coaching Organizzativo, più sviluppato in Francia (Coaching d’Organisation) e nel mondo anglosassone (Organizational Coaching).

Per individuare meglio le diversità e i confini delle diverse tipologie di Coaching partiamo dalle definizioni.
Il Business Coaching (individuale) è il processo con cui, attraverso una conversazione strutturata tra un cliente e un coach, si raggiungono determinati obiettivi di business, legati sia alla performance che all’autoconsapevolezza.
Il Team Coaching consiste in sessioni di Coaching rivolte a un gruppo di lavoro con lo scopo di migliorare le performance del team e di massimizzare le risorse a disposizione. Il focus non è più sull’individuo ma sul gruppo, sulla costruzione dell’essere squadra, in cui ogni componente si assume le proprie responsabilità nei confronti del gruppo e porta a termine i suoi compiti.

Il Coaching Organizzativo è una pratica di accompagnamento all’organizzazione, intesa
come sistema complesso che si è dato degli obiettivi. Si basa sul presupposto che l’organizzazione (come coachee) ha in sé le risposte e le risorse utili ad affrontare le sfide
che incontra nel suo contesto.

Quali sono le caratteristiche che distinguono il Coaching Organizzativo?

Il cliente – coachee non è una singola persona o un team, ma l’Organizzazione nel suo insieme e con la sua complessità. È diverso dal supportare una Persona dentro un “sistema”, come avviene nel Business Coaching, perché il focus è sul ‘sistema’ e da lì si parte per supportare la Persona.

Altrettanto diverso è concentrarsi sulle interazioni tra i membri del team e sul miglioramento della performance del team stesso, rispetto a supportare il livello di complessità dell’intera Organizzazione o di una parte della stessa.

Il Coaching Organizzativo considera l’interazione tra le diverse parti dell’organizzazione e richiede una comprensione delle dinamiche organizzative, inclusi i processi decisionali, la gestione del potere e del controllo, le dinamiche relazionali e comunicative, i ruoli agiti dentro e fuori l’organizzazione, i valori e la cultura organizzativa.

Parte dal presupposto che, per favorire lo sviluppo continuo dell’organizzazione (learning organization), è sempre più necessario agire anche sui “sistemi organizzativi”, più che solo sulle singole persone o sui singoli team.

Lo sguardo diretto al sistema fa emergere le incoerenze e le contraddizioni tra le dimensioni organizzative (struttura, processi, cultura, comportamenti, convinzioni individuali) che sono spesso alla base delle disfunzioni che si possono riscontrare poi a livello individuale o nel funzionamento dei team. Le criticità
ricorrenti vengono quindi comprese e risolte nel loro contesto e soprattutto intervenendo nelle relazioni tra le componenti organizzative per un’efficacia più duratura nel tempo.

Perché le organizzazioni necessitano di Coaching Organizzativo come pratica di
accompagnamento?

Le organizzazioni sono soggette a processi di continuo cambiamento e se non si adattano ad essi corrono il rischio di fallire nella gestione (forte competitività, disfunzionamenti interni, resistenze e malessere), di non riuscire a mantenere il posizionamento sul mercato e di abbassare le performance.
Il Coaching Organizzativo si pone dunque come un’estensione dell’area di intervento del Coaching e porta con sé una visione sistemica che considera l’Organizzazione come “organismo vivente” in cui tutto è in relazione, e che è lontana da una visione “meccanicistica” nella quale metaforicamente si può smontare il tutto per sostituire il pezzo che non funziona.

Come interviene il Coaching Organizzativo nelle Organizzazioni?

Il Coaching Organizzativo è prima di tutto Coaching, quindi parte dalla convinzione che chi ha il problema ha dentro di sé anche le risorse e le potenzialità trovare le soluzioni più opportune. L’Organizzazione, come coachee, va quindi ascoltata ai vari livelli, in un dialogo generativo per far emergere risorse, potenzialità e risposte alle criticità rilevate.

Il Coaching organizzativo è un processo “emergente”, in quanto cosa fare e il come farlo emerge man mano che si va avanti insieme, strada facendo, per questo in molte situazioni si può definire il Coaching Organizzativo come un processo non predeterminato, ma progettato mentre il lavoro si svolge e mentre il gruppo progredisce verso il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Il Coaching Organizzativo propone un approccio partecipato per sviluppare l’intelligenza collettiva a tutti i livelli dell’organizzazione e promuovere un engagement diffuso. Le risposte alle criticità e le proposte di soluzione arriveranno dall’organizzazione stessa e dalle persone che abitano l’organizzazione.
Per consentire questo, va definita un’architettura di supporto e di sviluppo, personalizzata sulla situazione specifica. Vanno delineati gli spazi orizzontali e costituiti i gruppi di lavoro che in questi spazi dialogheranno con il coordinamento del progetto che guida la trasformazione. Vanno individuate le resistenze e definiti i criteri per gestirle, considerandole fenomeni naturali in un contesto di cambiamento e per evitare che si trasformino in “opposizioni”.

All’interno di questa struttura possono essere previsti percorsi di Coaching individuali, di Team Coaching, momenti formativi, World Café, forum o altri eventi in coerenza con il progetto, per diffondere i principi di una “learning organization”, un’Organizzazione che apprende, dai propri successi e anche dagli errori, che incoraggia lo sviluppo personale e promuove lo scambio di informazioni e di competenze interpersonali.

Quali competenze sono richieste ai coach che si occupano di Coaching Organizzativo?

Per la complessità degli interventi richiesti, l’attività da svolgere necessita di più competenze ed esperienze, non solo legate al Coaching, provenienti da persone diverse. Varietà e complementarità della squadra sono due elementi imprescindibili: è opportuno che gli interventi siano gestiti da un team di coach che copra competenze in ambito Business, Executive e Team Coaching. A queste si aggiungono le competenze in ambito organizzativo e manageriale, preferibilmente maturate con esperienze personali.

È importante avere uno sguardo sistemico dell’Organizzazione e, se necessario allo scopo,  il team di coach potrà avvalersi anche di profili di competenze specifiche.
È indispensabile che i team di Coaching Organizzativo siano sufficientemente formati per
essere flessibili e creativi quanto ai loro metodi senza rinchiudersi nelle modalità preconfezionate offrendo all’organizzazione angoli di lettura multipli.

Quali sono i presupposti per una buona riuscita?

Questi interventi non si possono improvvisare, partono dal vertice, hanno sempre una sponsorship elevata.

Al management è richiesta consapevolezza e disponibilità a rinunciare a una parte di controllo e un’apertura ad una maggiore responsabilizzazione dei collaboratori; è richiesta una nuova visione di management che faciliti la partecipazione a tutti i livelli dell’organizzazione e promuova l’intelligenza collettiva.

Se in passato la visione prevalente dell’organizzazione era di un vertice manageriale detentore di potere e conoscenze, la realtà di oggi vede la conoscenza diffusa e condivisa in tutta l’organizzazione. I collaboratori sono chiamati a prendere iniziative che spesso vanno oltre i compiti formalizzati per rispondere ad una sempre maggiore complessità, imprevedibilità che abbiamo imparato a sintetizzare con l’acronimo VUCA (Volatily, Uncertainty, Complexity, Ambiguity).
Proprio per questo si sta facendo sempre più strada l’approccio partecipato, dialogico degli interventi di sviluppo Organizzativo (Organizational Development) non solo all’estero ma ora anche in Italia. Tale approccio significa che da un lato le aziende trovano le soluzioni più facilmente con l’apporto e le conoscenze di tutti, con un engagement e una partecipazione diffusa; dall’altro i cambiamenti organizzativi, se calati dall’alto, spesso non funzionano o non vengono facilmente assorbiti da chi li deve attuare.
La trasformazione è prima di tutto culturale e necessita del coinvolgimento delle persone e di un contesto che promuova e non ostacoli il loro contributo.

Gli autori:

Diego Dal Ben, Alessandra Di Luca, Angela Di Rienzo, Argyrios Dourvas, Cristiana Di Pietro, Francesco Calcara, Giuliana Lazzarotto, Lorella Gatti, Stefania Silla.

Tavolo di Studio “Coaching Organizzativo”, Ricerca AICP