Il maestro accoglieva con gioia i progressi della tecnologia ma era profondamente consapevole dei suoi limiti.
Quando un industriale gli chiese quale lavoro facesse, rispose: “sono nell’industria della gente”.
“E che sarebbe, se permetti?” chiese l’industriale.
“Guarda te stesso”, disse il maestro.
“I tuoi sforzi producono cose migliori, i miei gente migliore”.
Ai suoi discepoli disse poi: “Lo scopo della vita è il fiorire delle persone. Al giorno d’oggi la gente sembra maggiormente interessata al perfezionamento delle cose”.
Anthony De Mello
Chi è un coach?
“Noi siamo quello che facciamo …” – diceva Aristotele e, venendo ai nostri giorni con Bruce Wayne – “Non è tanto chi siamo, quanto quello che facciamo che ci qualifica”.
Il coaching ha le sue radici che attraversano in profondità millenni di storia, sino a giungere a Socrate. Come diceva nel medioevo Bernardo Maestro di Chartes – “I moderni sono come dei nani montati sulle spalle di giganti”. I giganti sono coloro che ci hanno preceduto. E assumere la consapevolezza di essere gli eredi di un patrimonio di conoscenze così vasto ci richiama in modo forte a delle precise assunzioni di responsabilità, che investono anche il chi siamo veramente.
Chi era Socrate?
Non voglio parlare o approfondire i metodi socratici, i suoi dialoghi, l’arte della “levatrice”. Ciò che mi interessa è riprendere brevemente il ruolo che Socrate ha avuto nella società in cui è vissuto, nell’Atene del 400 a.C. circa. Non era un eremita, non viveva isolato dal mondo e dalla società di allora. Non si limitava ad esercitare la sua “professione” disinteressandosi del resto. Tutt’altro, era profondamente immerso nella sua epoca, negli avvenimenti e nei luoghi ove venivano discusse e prese le decisioni. Socrate era un Maestro perché non si limitava ad essere solo un semplice “professionista”.
L’eredità di Socrate e il coaching.
Il coaching, e il coach che lo esercita, non è quindi semplicemente frutto dell’eredità di un “metodo” successivamente perfezionato ed arricchito nel tempo. Ciò che investe noi coach è l’esempio che Socrate ha dato con la sua vita. Noi siamo eredi, quindi, di una filosofia, di un modo di essere, di un ruolo sociale che Socrate seppe esercitare sino in fondo.
Le leadership del coach.
La prima forma di leadership che un coach deve padroneggiare nel suo vissuto quotidiano è la leadership di se stesso. Non siamo chiamati a tracciare i sentieri per gli altri, ma a supportarli stando a loro fianco e facendo scegliere loro. Ma se non siamo in grado di tracciare il nostro personale sentiero, non riusciremo ad essere credibili e a fornire un contributo di valore a chi si rivolge a noi.
La seconda forma è la leadership diretta, cioè quella che noi esercitiamo verso coloro che vengono direttamente in contatto con noi, con le persone con cui abbiamo un rapporto sia professionale che personale.
Veniamo scelti da un coachee perché, tra le altre cose, riusciamo ad esprimere una nostra personale modalità di guida che viene ritenuta valida. A volte siamo anche chiamati ad esprimere questa forma di leadership “facendo la voce grossa”, richiamando i coachee alle loro responsabilità. Se questo ruolo non ci venisse riconosciuto, difficilmente saremmo in grado di supportare sino in fondo i nostri coachee. E se questo non dovesse avvenire, è perché non siamo in grado di padroneggiare questa forma di leadership.
La terza forma di leadership è quella che ci viene direttamente dall’esempio di vita di Socrate, la leadership sociale. La forma più alta di leadership, attraverso la quale il nostro contributo si espande oltre i confini delle persone che interagiscono direttamente con noi, divenendo un esempio per la nostra comunità.
“Essere lievito nella società in cui viviamo”.
Questo concetto lo esprimevo sul finire del 2014 in un incontro AICP a Milano. Una espressione che richiama una ben precisa missione di cui non si deve sentire investita solo l’Associazione di cui facciamo parte, ma deve risuonare positivamente nel modo di essere e di agire dei singoli coach.
Spetta a ciascuno di noi trovare il modo di esercitarla, sulla base delle nostre specifiche caratteristiche e di ciò che ci contraddistingue. Occorre portare il nostro esempio di vita, anche professionale, oltre la cerchia di coloro i quali più strettamente ci circondano. Solo così ci faremo carico dell’intera eredità che ci è stata trasmessa da Socrate.
In un mondo in cui si parla di stampanti 3D, internet delle cose, di continue evoluzioni tecnologiche, noi coach continuiamo a ritenere che il vero motore dell’evoluzione siano le persone, e che la vera spinta verso un cambiamento evolutivo provenga dall’interno di ciascuno di noi.
Perché il vero scopo di un coach “è il fiorire delle persone”!
Massimo Negro
Responsabile Coaching Club Puglia
negromassimo@gmail.com
Scrivi un commento